Appunti per le scuole

TRAFILA GARIBALDINA
La “trafila” è il nome che venne dato alla rocambolesca ritirata di Garibaldi attraverso l’Italia partendo da Roma che era oramai caduta in mano alle truppe francesi che erano accorse in soccorso del Papa. La Trafila durò 14 giorni. Fu costellata da una lunga serie di eventi, azioni, prove, difficoltà che i patrioti ravennati e del basso ferrarese (di ogni condizione sociale), dovettero affrontare per sottrarre Giuseppe Garibaldi all’inseguimento dagli Austriaci. Questi uomini operarono senza alcuna ricompensa materiale per proteggere ed evitare la cattura del Generale, di sua moglie Anita, del maggiore “Leggero” e di altri patrioti al loro seguito. L’area d’azione della trafila partì dal porto di Cesenatico, da dove Garibaldi, Anita e un gruppo di fedeli s’imbarcarono per liberare Venezia; proseguì nella valle di Magnavacca, zona dove avvenne lo sbarco forzato, a Comacchio, a Mandriole, Sant’Alberto, Porto Fuori, Ravenna per concludersi con la conquista della libertà nel forlivese.

FATTORIA GUICCIOLI
Durante la ritirata che Garibaldi fece dopo la caduta della Repubblica Romana, questa avventurosa fuga venne di seguito chiamata La Trafila Garibaldina. Garibaldi sbarcò ad 8 km da Magnavacca. Durante questa fuga piena di pericoli assieme a Garibaldi c’era l’inseparabile moglie Anita che a causa delle fatiche e degli stenti si ammalò. Dopo vari spostamenti giunse con l’aiuto di alcuni abitanti del luogo alla Fattoria Guiccioli, il 4 Agosto 1849. Oramai in agonia, Anita venne ricoverata in una stanza della Fattoria dove poco dopo morì.
Il dolore di Garibaldi per la perdita dell’amata Anita venne di seguito raccontato da testimoni. Garibaldi subito dopo dovette abbandonare il corpo di Anita perché inseguito dalle truppe austriache. Il corpo di Anita venne sepolto in modo clandestino a poca distanza della Fattoria in aperta campagna, in un luogo chiamato “Mota della Pastorara” dove adesso è presente un cippo a ricordo di quella prima sepoltura. La stanza dove morì Anita divenne, dopo l’Unità d’Italia, un luogo della memoria e ancora oggi e sede di pellegrinaggi.

CAPANNO GARIBALDI
Il Capanno, originariamente chiamato del Pontaccio, era stato costruito nel 1810 da Don Giuseppe Roncuzzi, detto Don Masone, che lo adibiva a ricovero e a deposito per la caccia. Successivamente passò sotto diversi proprietari fino a quando, nel 1849, Giuseppe Garibaldi, dopo la morte dell’amata Anita e inseguito dalle truppe austriache, vi trovò ricovero e vi passò la notte. Il 20 agosto 1867 fu acquistato per intero, per il prezzo di lire 150, dalla Società dell’Unione Democratica per conservarlo quale memoria storica creando a tal fine, nel 1882, la Società Conservatrice del Capanno Garibaldi. Questa società ancora esistente ha come obbiettivo tutelare il monumento a ricordo dei fatti del ’49 e quale omaggio a Garibaldi e agli Uomini che cooperarono al Risorgimento d’Italia. L’edificio si compone di due locali.

Quello più piccolo, utilizzato una volta come ricovero di animali, è adibito a magazzino per la manutenzione mentre, nella stanza più grande, si trovano il focolare e una scala che
conduce al piano superiore. Il Capanno è compreso nell’elenco degli edifici monumentali della Provincia di Ravenna.

ANNITA
Ana Maria de Jesus Ribeiro, meglio conosciuta come Anita Garibaldi, nacque a Santa Catarina in Brasile nel 1821. Fu moglie di Giuseppe Garibaldi ed è conosciuta universalmente come l’ Eroina dei Due Mondi. Era nata da una famiglia modesta, discendente da portoghesi immigrati dalle Azzorre nella provincia di Santa Caterina nel Brasile nel corso del
Settecento. Nel 1839 Anita incontrò il giovane italiano Giuseppe Garibaldi che era approdato con le navi a Laguna. La ragazza, attratta dall’animo del combattente, se ne innamorò; cominciò così la loro vita insieme. Il 16 settembre 1840 nacque il loro primo figlio al quale diedero il nome di un patriota italiano, Menotti. Nel 1843 nacque Rosita che morì a soli 2 anni. Nel 1845 nacque Teresita e nel 1847 nacque Ricciotti Garibaldi. Il 9 febbraio 1849 presenziò con il marito alla proclamazione della Repubblica Romana, ma l’invasione franco-austriaca di Roma, dopo la sconfitta al Gianicolo, li costrinse a lasciare la città. Anita, sofferente e in avanzato stato di gravidanza, cercò di non far sentire il proprio peso al marito, ma le condizioni peggiorarono quando raggiunsero la Repubblica di San Marino. Braccati dai nemici, venne trasportata in fretta e furia alla fattoria Guiccioli a Ravenna dove spirò il 4
agosto 1849.

GARIBALDI
Giuseppe Garibaldi nasce a Nizza il 4 luglio 1807. Carattere irrequieto e desideroso di avventura, già da giovanissimo si imbarca come marinaio per intraprendere la vita sul mare. Nel 1832, appena venticinquenne, è capitano di un mercantile e nello stesso periodo inizia ad avvicinarsi ai movimenti patriottici europei ed italiani. Nel 1836 sbarca a Rio de Janeiro e da qui inizia il periodo, che durerà fino al 1848, in cui si impegnerà in varie imprese di guerra in America Latina. Durante questi anni in Sud America conosce e si sposa con Anita.
Nel 1848 Garibaldi torna in Italia dove intanto sono scoppiati i moti di indipendenza. Nel 1849 partecipa alla difesa della Repubblica ma il 2 Luglio 1849 deve abbandonare Roma.
Di qui, passa per vie pericolosissime lungo le quali perde molti compagni fedeli, tra i quali l’adorata moglie Anita (Trafila Garibaldina). Garibaldi tuttavia non abbandona gli ideali unitari e nel 1858-1859 costituisce un corpo di volontari, corpo che fu chiamato “Cacciatori delle Alpi” e al cui comando fu posto lo stesso Garibaldi Nel 1860 Giuseppe Garibaldi è promotore e capo della spedizione dei Mille; salpa da Quarto (GE) il 6 maggio 1860 e sbarca a Marsala cinque giorni dopo. Da Marsala inizia la sua marcia trionfale; batte i Borboni a Calatafimi, giunge a Milazzo, prende Palermo, Messina, Siracusa e libera completamente la Sicilia. Gli ultimi anni della sua vita si ritira a Caprera, dove si spegnerà il 2 giugno
1882.

MAZZINI
Giuseppe Mazzini (Genova, 22 giugno 1805 – Pisa, 10 marzo 1872) è stato un patriota, politico e filosofo italiano. Le sue idee e la sua azione politica contribuirono in maniera decisiva alla nascita dello Stato unitario italiano. Giuseppe Mazzini viene considerato, insieme a Giuseppe Garibaldi, uno dei padri della patria. Per la sua attività politica e il suo coinvolgimento in maniera attiva nella fondazione della Repubblica Romana del 1849, fu costretto all’esilio a Londra per il resto della sua vita. Oramai vecchio e malato alcuni suoi
fedeli amici lo fecero rientrare in Italia di nascosto e lo ospitarono a Pisa. Dopo poche settimane dal suo rientro in Italia Giuseppe Mazzini morì e venne sepolto nella sua città natale, a Genova.

INNO NAZIONALE

L’Inno di Mameli – o più precisamente Il Canto degli Italiani (conosciuto anche come Fratelli d’Italia, dal verso introduttivo) – è l’inno nazionale italiano. Nell’autunno del 1847, Goffredo Mameli scrisse il testo de Il Canto degli Italiani. Dopo aver scartato l’idea di adattarlo a musiche già esistenti, il 10 novembre lo inviò al maestro Michele Novaro che scrisse
di getto la musica. Gli inni patriottici come l’inno di Mameli (sicuramente il più importante) ebbero il merito di propagandare gli ideali del Risorgimento e di incitare la popolazione:

Fratelli d’Italia,
l’Italia s’è desta,
dell’elmo di Scipio
s’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l’Italia chiamò.

REPUBBLICA ROMANA
La Repubblica Romana del 1849 fu uno stato sorto a seguito di una rivolta liberale che nei territori dello Stato pontificio estromise Papa Pio IX dai suoi poteri temporali. Fu governata da un triumvirato composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi. La piccola repubblica ebbe vita breve (5 mesi, dal 9 febbraio al 4 luglio), a causa dell’intervento della Francia di Napoleone III che per convenienza politica ristabilì il potere del Papa. Tuttavia quella della Repubblica Romana fu un’esperienza significativa nella storia dell’unificazione italiana, vide l’incontro e il confronto di molte figure di primo piano del Risorgimento accorse da tutta la Penisola, fra cui Giuseppe Garibaldi. In quei pochi mesi Roma passò dalla condizione di stato tra i più arretrati d’Europa a banco di prova di nuove idee democratiche fondando la sua vita politica e civile su principi che sarebbero diventate realtà in Europa solo circa un secolo dopo.

SAFFI
Aurelio Saffi (Forlì, 13 ottobre 1819 – Forlì, 10 aprile 1890) è stato un patriota e politico italiano. Importante figura del Risorgimento italiano, Saffi fu un politico di spicco dell’ala repubblicana radicale incarnata da Giuseppe Mazzini, di cui è considerato l’erede politico Saffi prese parte alla Repubblica Romana prima come deputato di Forlì all’Assemblea Costituente, poi come ministro, infine come componente del Triumvirato a capo del nuovo regime, assieme ad Armellini e allo stesso Mazzini. Tale esperienza politica fu di breve durata, in quanto la nuova Repubblica cadde nel luglio 1849. Ritiratosi in esilio a Civezza, in Liguria, raggiunse successivamente Mazzini in Svizzera, per poi trasferirsi con lui di nuovo a Londra. Nel 1861, dopo l’Unità d’Italia, venne eletto deputato al parlamento del nuovo Regno d’Italia. Dopo pochi anni tornò a vivere a Londra dove rimase fino al 1867, quando si stabilì definitivamente nella sua villa nella campagna di San Varano (una frazione di Forlì). Cominciò allora la sua carriera di insegnante universitario a Bologna. Nel frattempo si occupò della memoria storica dell’amico Mazzini, oramai morto, curandone gli scritti e la loro pubblicazione. Morì nella sua casa a 70 anni.

MAMELI
Goffredo Mameli, nome con il quale è più noto Gotifreddo Mameli dei Mannelli (Genova, 5 settembre 1827 – Roma, 7 luglio 1849) è stato un poeta, patriota e scrittore italiano. Annoverato tra le figure più famose del Risorgimento italiano, morì a seguito di una ferita infetta che si procurò durante la difesa di Roma nel periodo della Repubblica Romana. È l’autore delle parole dell’attuale inno nazionale italiano.

TRIUMVIRATO
Il termine triumviro, (dal latino tres – ‘tre’ – e vir ‘uomo’) indica ciascuno dei componenti di un gruppo costituito da tre persone (triumvirato). È usato comunemente per descrivere i membri di un gruppo o un’alleanza fra tre leader politici o militari con poteri uguali. Durante la Repubblica Romana del 1849 venne creata questa forma di Governo e ne fecero parte: Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini ed Aurelio Saffi.

COSTITUZIONE
La costituzione è il documento ufficiale per la creazione e fondazione di un’organizzazione e definisce la sua forma, la struttura, l’attività, il carattere e le regole fondamentali. Il termine deriva dal latino constitutio, che faceva riferimento ad una legge di particolare importanza. Si intende per costituzione in senso stretto un corpo di leggi (delle regole) fondamentali prodotte dalla sovranità del popolo, di solito per mezzo di una assemblea costituente. La Costituzione è il documento (scritto) nel quale sono contenuti i princìpi, i valori, le regole per il funzionamento di uno Stato.

LA BANDIERA NAZIONALE
La bandiera italiana è il Tricolore, composto da tre bande verticali di uguali dimensioni; partendo dall’asta i colori sono: verde, bianco e rosso. Il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797 quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decide “che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso …”. Quale emblema di libertà questa bandiera venne usata nei moti del 1831, nelle rivolte mazziniane, nelle imprese del Risorgimento. Dovunque in Italia, il bianco, il rosso e il verde esprimono una comune speranza che accende gli entusiasmi e ispira i poeti: “Raccolgaci un’unica bandiera, una speme”, scrive nel 1847 Goffredo Mameli nel suo Canto degli Italiani. Dopo la seconda guerra mondiale per la nascita della Repubblica, una legge del 19 giugno 1946 stabilì la figura provvisoria della nuova bandiera, confermata dopo meno di un anno, il 24 marzo 1947, e inserita nella nostra Carta Costituzionale. In quella seduta si disse: – Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione: “La bandiera della repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali e di eguali dimensioni” -. Dopo la votazione l’Assemblea e il pubblico delle tribune si levarono in piedi. In vivissimi, generali e prolungati applausi.