L’emergenza Covid-19 continua. Restiamo a casa insieme

Con l’emergenza Coronavirus, genitori e bambini/e si sono trovati insieme, a casa, per lungo tempo ad affrontare cambiamenti nella loro vita quotidiana, che non avevano mai sperimentato.

In questo contesto, il tempo diventa un elemento analizzatore di nuove modalità relazionali, all’interno della famiglia, con il venir meno di altre relazioni sociali, particolarmente nutrienti, quelle scolastiche.

Più tempo per educare e curare i rapporti familiari e gli affetti. L’emergenza sanitaria e l’isolamento sociale conseguente hanno fatto scoprire quanta “mancanza di tempo” i genitori hanno sofferto in questi anni: le esigenze lavorative, la vita quotidiana frenetica degli adulti, le agende fitte di impegni anche per i più piccoli, l’idea prevalente di un tempo libero veramente tale, solo se vissuto fuori casa, ha finito per comprimere il tempo da dedicare alla cura delle relazioni familiari, delle scelte educative, nei confronti dei figli/e e della consapevolezza del proprio ruolo genitoriale.

Di certo, in questo periodo, pur non dimenticando le famiglie che si trovano in difficoltà, è emersa una capacità nuova dei genitori di resistenza e di organizzazione, all’interno delle proprie case, con ritmi di vita più lenti, in cui c’è il tempo di condividere per il benessere di tutti, con effetti sicuramente positivi per i bambini/e, che amano particolarmente i luoghi e gli oggetti familiari e le regole condivise, specie se date dai genitori.

Più tempo per curare regole e buone abitudini. Ai bambini/e le regole piacciono molto, perché la guida dei genitori, attraverso di esse, risponde al bisogno dell’essere amati, considerati ed ascoltati nei propri bisogni. E se talvolta i bambini/e sembrano rifiutarle e “fanno i capricci”, dicendo dei “no”, è perché stanno mettendo alla prova, non tanto la nostra autorevolezza di genitori, ma sé stessi, quanto stanno diventando grandi, autonomi e capaci di emergere come persone originali, con propri obiettivi e progetti, che richiedono sempre mediazione e disponibilità dei grandi.

Nella vita di ogni bambino/a il tempo ha molta importanza, fin da quando è piccolissimo: in particolare le routine della cura quotidiana, riconoscibili e prevedibili, permettono al bambino/a di acquisire rassicurazione, contenimento, identità.

Per questo la cura delle routine familiari, nel tempo trascorso a casa, è molto positiva e consente ai genitori di rafforzare un insieme di buone abitudini, che rendono più piacevole la convivenza e che, se mantenute nel tempo, diventano “regole familiari, condivise”, non rigide, ma sempre aperte alla mediazione e capaci di sviluppare autonomia ed apprendimenti veri e propri: restare a casa, curare la propria igiene personale, vestirsi (non rimanendo in pigiama tutto il giorno), svestirsi, giocare, riordinare, partecipare a piccole faccende domestiche, aiutare a cucinare nelle cucine di casa, diventate veri e propri laboratori di sperimentazione culinaria ed educativa, pranzare e cenare insieme, usare sempre con cautela e tempo circoscritto uno dei tanti schermi disponibili nella casa, leggere una storia, anche prima di dormire… .

Senza particolare preoccupazione per la “noia” del bambino/a, che è un “vuoto” solo apparente, poiché è tempo e spazio per la sua libera esplorazione cognitiva di altre possibilità di espressione personale.

Tempo per curare le relazioni con parole pensate. Avere tempo e cura delle relazioni in famiglia, significa anche parlare di più con i bambini/e, con maggiore tranquillità, avendo cura di usare parole attente a non coinvolgere troppo direttamente i più piccoli nelle ansie o angosce degli adulti, che in questo periodo, attraverso una esposizione incessante ad immagini crude della malattia e storie tragiche di morte in solitudine, si trovano a fronteggiare il senso della fragilità della vita ed una sensazione generale di futuro incerto per se stessi ed i propri figli/e. Come noi adulti affrontiamo le nostre ansie, incertezze, paure, come le conteniamo, a favore di un equilibrio personale, incide sui bambini e sulla loro comprensione della realtà, per questo è sempre necessario proteggerli, pur scegliendo “parole vere”.

Sono i genitori, in quanto adulti maturi, che devono funzionare da filtro e da mediatori, rispetto alla realtà e, come sempre, anche per il Coronavirus, non è necessario che i bambini/e sappiano tutto o siano esposti alle immagini della malattia, del dolore ed al linguaggio bellico, che le caratterizza ed acuisce la paura. Le parole positive, di speranza, di cura dell’altro, di fiducia, pur accettando l’incertezza, devono prevalere: il Coronavirus è invisibile, fa ammalare le persone, che però in ospedale vengono curate dai medici e dagli infermieri, è pericoloso, quindi bisogna stare a casa… . I bambini/e hanno bisogno di “futuro positivo”, ma sono anche molto resilienti, perché affrontano le prove dure della vita, morte, malattia, frustrazioni, con il gioco, una risorsa straordinaria, che permette loro di sperimentarle, esprimendo emozioni e sentimenti, non su un piano di realtà, ma simbolico, che tiene sempre aperta la porta della speranza e del “lieto fine”.