BASSI Anna Maria

“Scuola d’italiano”

Nella grande aula entravano sempre sorridenti e motivati i nostri allievi, ragazzi e ragazze richiedenti asilo, provenienti dai più disparati paesi d’Asia e d’Africa.

Il primo ad arrivare, puntualissimo, era il simpatico Jamil, ventenne del Bangladesh dal sorriso splendente e dagli occhi vivaci, che pur con basi scolastiche fragilissime, sapeva maneggiare molto bene lo smartphone ed era assai orgoglioso del suo lavoro di lavapiatti presso una nota discoteca dei dintorni. Lo ripeteva sempre con fierezza: “ faccio il lavapiatti, faccio il lavapiatti, faccio il lavapiatti…”, se ne vantava con Loweth, la bellissima diciannovenne nigeriana dagli occhi tristi che ancora non aveva un’occupazione vera e propria e stava seguendo un corso per addetta alle pulizie.

“Bene” le dissi io “ ti auguro di trovare lavoro presso un grande albergo, magari vicino al mare”. Loweth mi guardò dubbiosa e quasi intimorita, non aveva un gran bel ricordo del mare… cambiai subito discorso, non volli indagare sul suo viaggio, cosa ci fosse stato fra il deserto attraversato in camion e la traversata in barcone, sul mare…Lei cercava di dissimulare la tristezza con le ciglia finte lunghissime, abiti di buon gusto non troppo colorati e piccoli gioielli, di poco prezzo, ma molto raffinati. Era completamente analfabeta ed io cercavo di insegnarle le lettere corrispondenti ai suoni, in compenso riusciva a parlare abbastanza bene l’Italiano, semplicemente non sapeva nè leggere nè scrivere, ma era, è, molto intelligente ed intuitiva, facile all’apprendimento.

Jamil la prendeva bonariamente in giro quando lei sbagliava a leggere una parola, allora io gli facevo gli occhiacci perché smettesse e lui cercava di rimediare con un complimento, una gentile galanteria per vederla sorridere, ma a quel punto la ragazza si irrigidiva e subito si rabbuiava…ci avevo messo del bello e del buono a farle accettare quel compagno di banco, dolce ed innocuo, fino a qualche mese prima non voleva nessun uomo vicino…

Ora non so più niente di loro, la scuola è stata praticamente chiusa e, con il lock down, non li ho più neppure incontrati per strada, ma spesso li penso e mi interrogo su di loro, abbiamo fatto un piccolo tratto di strada insieme, per un breve periodo i nostri mondi si sono sfiorati arricchendoci reciprocamente, ora spero stiano bene.